credere e fare
predicazione su Giacomo 2,14-26
Oggi la Parola ci provoca con franchezza: “A che serve, fratelli miei, se uno dice di avere la fede ma non ha le opere? … La fede senza le opere è morta” (Giac 2,14.26). Non è un rimprovero amaro: è un invito a verificare il polso della nostra vita spirituale. Come il respiro si vede nel petto che si alza e si abbassa, così la fede si vede nei gesti che compiamo. Se non si vede, forse non sta respirando.
1) Non fede contro opere, ma fede che genera opere C’è chi oppone Giacomo a Paolo, come se uno dicesse “contano solo le opere” e l’altro “conta solo la fede”. La Scrittura, però, ci racconta un’unica buona notizia: tutto nasce dalla grazia di Dio, che ci ama per primo, ci perdona e ci mette in piedi. La salvezza non si compra. Ma proprio perché è dono, la grazia non resta ferma: mette in moto la vita. La fede viva produce frutti; la fede morta resta parola. Non sono le opere a comprare Dio; è Dio a rendere possibili opere buone che profumano di Vangelo. Pensiamo a un albero: non fa frutti per diventare albero; fa frutti perché è vivo. Così è la fede: non facciamo il bene per meritarci qualcosa, ma perché abbiamo ricevuto vita nuova.
2) Abramo e Raab: custodire la vita e aprire la casa Giacomo propone due figure per spiegare meglio quanto ha in mente e vuole condividere con i suoi: • Abramo è messo alla prova in un racconto duro. La mano non si abbassa su Isacco: Dio non chiede sacrifici disumani; Dio custodisce la vita. La fede vera non uccide l’umano; si fida del Dio della vita, anche quando non capisce tutto.
• Raab, donna straniera, apre casa sua a dei forestieri e rischia per salvarli. Non appartiene al popolo d’Israele, eppure compie ciò che la fede chiede: accoglienza, coraggio, protezione dei vulnerabili. Qui impariamo un’umiltà necessaria: a volte il bene arriva da dove non ce lo aspettiamo. Il Signore guarda al cuore e ai gesti. La lezione è semplice: non basta dire “credo”; anche i demoni “sanno” che Dio esiste, ma tremano. La domanda è: che cosa fa la nostra fede alle mani, al tempo, al portafoglio, alle parole? Dove si vede?
3) Grazia che perdona e trasforma Dio non ci chiede di fare i forti. Ci offre la sua grazia: ci rialza, ci perdona, ci cambia. La fede non è un esercizio di volontà solitaria. È relazione con il Vivente, che entra nelle fatiche quotidiane, nelle case, nei conti che non tornano, nei nostri limiti. Per questo ciò che oggi ascoltiamo non è un “devi” schiacciante, ma un “puoi”: puoi vivere da persona libera, resa capace di bene. E quando cadi, puoi rialzarti.
4) Santità del cuore e della città La fede tocca il cuore, ma non si ferma lì. Scende nelle strade: nel lavoro, nella scuola, nella spesa, nelle scelte economiche, nella cura del creato, nella convivenza civile. La santità non è fuga dal mondo; è il modo nuovo di abitarlo. Non basta essere “brave persone” in privato; il Vangelo domanda anche gesti pubblici, miti e fermi, che costruiscono giustizia e pace. Allora proviamo a essere concreti. Oggi chiedo alla comunità di accogliere tre passi semplici e seri, alla portata di tutti. Non tutto, ma qualcosa. Non perfetto, ma fedele.
5) Tre passi concreti 1) Azioni concrete nel nostro vissuto • turni al banco alimentare locale o di rete; • raccolta e distribuzione di generi di prima necessità e “spesa sospesa”; • un piccolo emporio solidale con orari stabili e una squadra di volontari; • accompagnamento a visite mediche o a uffici per chi è solo; • doposcuola gratuito per ragazze e ragazzi; • laboratorio di riparazione e riuso per allungare la vita degli oggetti e aiutare chi è in difficoltà; • uno sportello di ascolto discreto per famiglie in affanno. 2) Conversione dello stile: comunità e singoli La fede diventa visibile in uno stile di vita più sobrio e sostenibile. Due livelli, inseparabili. • Come comunità: ◦ controlliamo consumi e spese della chiesa; ◦ passiamo, dove possibile, a energia da fonti rinnovabili; ◦ riduciamo rifiuti e plastica monouso (stoviglie riutilizzabili, acqua alla spina); ◦ adottiamo criteri di acquisto responsabile; ◦ creiamo o sosteniamo un gruppo d’acquisto solidale; ◦ organizziamo mobilità condivisa per gli incontri comunitari; ◦ rendicontiamo ogni anno i passi compiuti e quelli ancora da fare. • Come persone: ◦ scegliamo, quando possiamo, piedi, bici, trasporto pubblico; ◦ riduciamo lo spreco alimentare e impariamo una cucina del riuso; ◦ limitiamo il consumo di carne e privilegiamo filiere locali e solidali; ◦ chiediamo al nostro fornitore energia 100% rinnovabile; ◦ usiamo strumenti finanziari il più possibile etici e trasparenti; ◦ curiamo il quartiere con piccoli gesti: pulizia, attenzione agli anziani soli, custodia degli spazi comuni. Queste non sono fissazioni: sono modi concreti per dire che crediamo in un Dio che affida la terra all’umana responsabilità e ci chiama alla giustizia verso i poveri e verso le generazioni future. 3) Voce pubblica mite e ferma La fede non urla, ma non tace davanti al male. Sosteniamo iniziative nonviolente e umanitarie; chiediamo protezione dei civili, corridoi sicuri, rispetto del diritto; preghiamo per chi è sotto le bombe, per gli ostaggi e i prigionieri, per chi salva vite in mare e a terra. Mettiamo a disposizione tempo, competenze, reti. Facciamo spazio a testimonianze e collaborazioni con realtà affidabili del territorio. Senza partigianerie, ma con coraggio evangelico.
6) Il carburante: Parola, preghiera, mensa, comunità Qualcuno potrebbe dire: “Bello, ma poi ci si stanca.” È vero: senza radici ci si secca. Per questo servono i “mezzi ordinari” con cui Dio ci nutre. • La Parola: ascoltata nel culto, ma anche a casa. Bastano pochi minuti al giorno, una lettura breve e una domanda: “Che gesto mi suggerisce oggi?” • La preghiera: semplice e fedele, personale e comunitaria. Intercedere per altri ci libera dall’io e ci educa alla compassione. • La mensa del Signore: là riceviamo grazia e comunione, e ne usciamo inviati. • La vita fraterna: piccoli gruppi di condivisione e responsabilità reciproca, dove raccontiamo passi compiuti e passi mancati, e preghiamo gli uni per gli altri. La domenica non basta: la settimana è il luogo della fede che si vede.
Jens Hansen
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