Post-it
Meditazione biblica registrata per la RAI FVG
Prima di lavorare esclusivamente con il computer, sulla mia scrivania c’erano sempre un sacco di fogli sparsi. Appunti, promemoria, cose da fare. Alcuni li scrivevo io, altri me li ritrovavo lì senza sapere bene da dove fossero usciti. A volte pensavo: se quei fogli potessero parlare, farebbero un gran chiasso. Uno avrebbe detto “Sbrigati con me”, l’altro “Mi avevi promesso di sistemarmi ieri”… insomma, un coro di richieste continue che non si è mai spento.
Forse capita anche a te, o forse capita, come a me oggi, con un’agenda sul cellulare o forse appartenete al tipo con i post-it sul frigo. Ma alla fine la sostanza non cambia: siamo sempre pieni di cose da fare, di aspettative da rispettare, di impegni da incastrare. Al lavoro, in famiglia, ma anche dentro di noi: sogni, ambizioni, sensi di colpa, il desiderio di non deludere nessuno. Di essere “abbastanza”.
E allora corriamo. Cerchiamo di farcela. E quando ci riusciamo — almeno per un po’ — ci sentiamo bene. Magari pensiamo: “Ecco, adesso sì che valgo qualcosa.” Il problema? È che questa sensazione dura pochissimo. Perché appena spunti una voce, ne arrivano due nuove. Sempre di corsa, sempre sotto pressione.
C’è un uomo, nella storia, che viveva più o meno così. Si chiamava Paolo. Era un tipo tosto, uno che faceva carriera. Un religioso molto rispettato, convinto di fare la cosa giusta... anche quando perseguitava chi la pensava diversamente. Era sicuro di sé. E sembrava che tutto andasse secondo i suoi piani.
Poi, a un certo punto, qualcosa si spezza. Una luce lo abbaglia. Cade a terra. Non vede più niente. È un momento di crisi totale. Perde i riferimenti, l’equilibrio, il controllo. E proprio lì, nel buio, comincia qualcosa di nuovo. Incontra qualcuno che lo accoglie, lo ascolta, gli parla di Gesù. E qualcosa dentro di lui cambia.
Da quel momento Paolo non è più lo stesso. Non vive più per dimostrare qualcosa. Non cerca più di guadagnarsi il rispetto o di farsi approvare. Comincia a vivere da persona libera. Perché ha capito che il suo valore non dipendeva da quello che faceva, ma da un amore più grande. Un amore che lo aveva raggiunto anche con tutto il suo passato addosso.
E allora mi chiedo — e ti chiedo: quante volte ci sentiamo così? Stanchi, sotto pressione, con la sensazione di non essere mai “abbastanza”? E se ci fosse davvero un altro modo di vivere?
Paolo lo ha scoperto: non dobbiamo per forza bastare a noi stessi. Possiamo lasciarci amare. Possiamo lasciarci cambiare. Possiamo — anche solo con un pensiero, una preghiera semplice — dire: “Dio, eccomi. Prendimi così come sono.”
Non con paura. Ma con libertà. Non come chi deve convincere qualcuno a volergli bene, ma come chi si affida. Con tutto ciò che è. Con le sue ferite, i suoi sogni, i suoi fallimenti.
Perché forse, alla fine, è proprio questo il messaggio più grande: non sei il tuo curriculum. Non sei i tuoi errori. Sei qualcuno che può iniziare, oggi, a vivere davvero. A partire da un amore che non si conquista, ma si riceve.
Jens Hansen
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