Sermone per la seconda domenica di Avvento

Testo: Luca 21:25-33

Versione italiana

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Che cosa hanno in comune l’Avvento e il nostro testo di predicazione? Entrambi parlano di Cristo che viene. Cristo è in cammino. Cristo è sulla strada verso di noi.

Questo consola chi si aspetta che possano arrivare cose peggiori. Dà forza a chi si è scoraggiato per tutte le cattive notizie del nostro tempo. Ridona nuova fiducia a chi ha quasi disimparato a vivere con speranza. Lo sguardo rivolto a Colui che viene è uno sguardo verso l’alto. Uno sguardo verso il cielo.

Uno sguardo che va oltre ciò che è terreno, opprimente, spaventoso. Uno sguardo su una realtà nuova, che non possiamo dedurre dalla nostra esperienza.

Ma è proprio questo che l’Avvento vuole dirci: noi aspettiamo Colui che supera ogni nostra esperienza. Colui che ci dà forza per vincere le nostre paure.

Colui che imprime in noi l’immagine di un buon futuro, con la quale possiamo già da ora plasmare e trasformare il nostro presente.

L’immagine del Regno di Dio, nel quale abitano pace e giustizia, può incoraggiarci a trattarci gli uni gli altri con amore e attenzione.

In mezzo a un mondo che cambia continuamente ed è sempre esposto al pericolo.

Dopo la crisi finanziaria mondiale del 2008, la crisi del Covid e poi la crisi causata dalle sanzioni contro la Russia, da ogni parte si agita ora lo spettro della recessione, di una nuova crisi economica. I segni dei tempi, in campo economico, annunciano tempesta. E i nostri governanti ci portano direttamente in una guerra che nessuno vuole. Poiché ovunque si parla di “tempi difficili”, i consumatori sono insicuri. Bisogna forse risparmiare per i “tempi difficili”, per avere qualcosa da parte quando il proprio posto di lavoro sarà in pericolo? Oppure proprio ora, contro tutti i profeti di sventura, si dovrebbe comprare per sostenere l’economia? Nei circoli politici si discute di programmi di rilancio dell’economia. E qui si pone la stessa domanda: lo Stato deve ora stringere la cinghia, oppure deve fare spese supplementari per sostenere l’economia “malata”? Eppure si sarebbe dovuto imparare dal passato che questi programmi spesso si esauriscono senza grandi effetti, più che portare un reale vantaggio. Possono difficilmente influenzare in modo duraturo la dinamica interna di un’economia mondiale debole e profondamente intrecciata. Appaiono tutt’al più come misure cosmetiche, che servono a calmare il popolo. Come vediamo, il prossimo futuro viene attualmente dipinto con colori molto cupi. Questo alimenta paure nella popolazione. Genera incertezza e crea un clima di malinconia e pessimismo. Da chi ci si può aspettare aiuto? Chi sa che cosa può far migliorare di nuovo la situazione? Chi conosce la ricetta giusta per rimettere in moto l’economia? Un ulteriore fattore di insicurezza è il continuo riscaldamento del clima, che porterà a cambiamenti su scala mondiale. In molti luoghi i ghiacciai si sciolgono. Di conseguenza il livello del mare salirà. Saranno necessari trasferimenti di popolazione quando le regioni costiere finiranno sott’acqua. Conosciamo i terremoti e le eruzioni vulcaniche, che si verificano sempre di nuovo e hanno conseguenze terribili. E pensiamo alle sempre più forti piogge con conseguenze devastanti e spesso mortali. Per i prossimi anni e decenni si prevede anche una diminuzione delle riserve di petrolio e dell’acqua dolce. Quali conflitti e quali guerre ne deriveranno, non è ancora possibile prevedere. Ma tutto questo non è nulla di nuovo sotto il sole.

Già al tempo in cui Luca scriveva il suo Vangelo, c’erano paura e smarrimento tra le persone, di fronte ai conflitti armati e alle catastrofi che avvenivano nei dintorni dei suoi lettori. Ci saranno state sicuramente voci che dicevano: “Dove andremo a finire?” oppure “Così non si può andare avanti!” o “Questo è l’inizio della fine!”. Anche allora i pessimisti saranno riusciti a diffondere le loro paure e a contagiare gli altri. Quando Luca mette sulle labbra di Gesù: “Questa generazione non passerà prima che tutto questo avvenga”, questo, preso alla lettera, è un’esagerazione enorme. Forse Luca voleva semplicemente rendere chiaro che tutte le paure che nascono dalle esperienze non devono necessariamente distruggere nessuno. Che tutte queste paure perdono la loro forza e il loro potere là dove si impara a guardare oltre di esse. Dove si alza lo sguardo e si vede Colui che, durante la sua vita terrena, ha imposto un limite al vento e alle onde. Colui le cui parole allora sprigionano la loro forza. Quando Luca fa parlare Gesù del “fragore del mare e dei flutti”, è una forte immagine della paura che coglie le persone davanti ad avvenimenti opprimenti. La paura può sommergere l’anima come le onde del mare e togliere il respiro. La paura paralizza e rende incapaci di agire davanti alle sfide che i problemi del nostro tempo rappresentano. A questo Gesù contrappone l’immagine del fico: “E disse loro una parabola: guardate il fico e tutti gli alberi; quando già germogliano e voi lo vedete, da voi stessi capite che ormai l’estate è vicina. Così anche voi, quando vedrete accadere queste cose, sappiate che il Regno di Dio è vicino.” Gesù distoglie il nostro sguardo dagli avvenimenti che percepiamo come opprimenti e gravosi. Ma anche dalle conseguenze che giudichiamo terribili. “No, non è la fine. Non abbiate paura: in tutto questo si manifesta l’inizio di qualcosa di nuovo. Oltre l’orizzonte la strada continua – meglio di quanto possiate immaginare in qualunque modo.” Nella crisi si manifesta ciò che vince la paura. Nella crisi germoglia il nuovo. Quanto più i segni dei tempi sono inquietanti, tanto più il Regno di Dio è vicino. Quanto più grandi sono le paure, tanto più forte diventa la speranza. Quanto più regna la mancanza di riguardo, tanto più pieni saranno pace e giustizia. Ciò che viene non è la fine, ma qualcosa di completamente nuovo e straordinario. Per questo vale la pena impegnarsi già qui e ora. Guardiamo, in pieno inverno, all’estate che verrà. Guardiamo agli alberi che mettono le gemme, alla speranza in fiore, alla fiducia profumata di buono e ai frutti maturi che l’estate porta con sé.

Difficilmente vedremo Gesù arrivare su una nuvola. Ma nelle sue parole – che non passeranno – egli viene verso di noi. Parole che ci consolano nei tempi difficili. Parole che ci rialzano e ci danno forza in mezzo alle tempeste che ci circondano. Parole che ci donano speranza e futuro, nonostante tutte le incertezze e i pericoli di questi giorni. Poiché sappiamo che l’estate verrà, sentiamo già dentro di noi il suo calore. Il cielo si apre in noi. Fioriamo. Questo si vede là dove viviamo in pace gli uni con gli altri. Dove ci mostriamo rispetto e considerazione. Dove amiamo e perdoniamo. In verità: qui Cristo è in cammino verso di noi. Così discreto e umile come nella notte santa – come un bambino appena nato, davanti al quale le nostre paure svaniscono e la nostra capacità di amare fiorisce. Amen

Jens Hansen Mastodon

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